Titolo Originale: Hamburger Hill
Regia: John Irvin
Cast: Dylan McDermott, Don Cheadle
Genere: Guerra
"Il Comando ci ha ordinato di manovrare più aggressivamente. Ho risposto che la maggior parte del primo plotone è rimasto sulla collina..." - Tenente Eden
Il 10 Maggio 1969 il Governo americano diede l'ordine alle truppe che si trovavano in Vietnam di conquistare la "Collina 937", così chiamata perchè alta 937 metri. Nessuno poteva sapere quanto era ben fortificata e difesa quella collina, nonostante non fosse di grande rilevanza strategica per le sorti della guerra. I soldati di fanteria della "101st Airborne Division" incaricati di portare a termine questo compito dovettero affrontare una delle battaglie più sanguinose di quel conflitto, cercando di rimanere uniti nonostante le forti divergenze di opinioni e gli odi razziali all'interno del loro stesso battaglione. Il 20 Maggio, dopo dieci giorni di inferno e un gran numero di vite umane perdute, la collina fu conquistata e ribattezzata col nome di Hamburger Hill, la "collina tritacarne".
Intraprendere la visione di un film di guerra non è mai cosa semplice perchè i temi sono sempre molto scottanti e i messaggi lanciati dai registi vengono troppo spesso filtrati o distorti dagli abili produttori hollywoodiani nell'interesse, prima di tutto, di dare un'immagine positiva dell'America in tutto il mondo.
Non è facile far buon viso a cattivo gioco quando si parla di un conflitto vergognoso come quello che ebbe luogo in Vietnam.
Migliaia di giovani ragazzi vennero spediti a combattere in uno dei territori geograficamente più ostili che la natura abbia mai creato con l'unico scopo di annientare il regime comunista del Vietnam del Nord, tanto scomodo ai governi capitalisti occidentali.
Tutti questi ragazzi, messi contro un nemico disposto a morire per proteggere il proprio paese da questa invasione, diventarono solo vite sacrificabili per portare a termine il piano.
Il regista John Irvin nel 1969 girò un documentario sulla guerra in Vietnam andando direttamente sui luoghi delle battaglie che i soldati stavano affrontando e questa esperienza gli diede l'opportunità di scegliere con grande esattezza il giusto scenario per girare Hamburger Hill, ispirandosi a quella crudezza che la realtà aveva posto davanti ai suoi occhi. Il film fu girato nelle Filippine, in location adatte a creare l'ambientazione infernale in cui vennero scaraventati i soldati dei battaglioni coinvolti nell'assalto, ovvero terreni estremamente fangosi e fitti di vegetazione.
L'estetica del film è coerente con la realtà dei fatti, sia sul piano della narrazione degli eventi che sul piano della rappresentazione visiva.
E' da notare come John Irvin abbia voluto dare risalto all'umanità dei soldati permettendoci di cogliere, attraverso le loro parole, i suoi punti di vista personali.
Innanzitutto la critica nei confronti della politica è evidente, ad esempio nelle scene in cui i ragazzi ricevono le lettere di corrispondenza delle loro donne. Alcune scrivono parole d'amore mentre altre si vergognano di essere fidanzate con soldati che venivano considerati dall'opinione pubblica alla stregua di assassini.
Non è facile far buon viso a cattivo gioco quando si parla di un conflitto vergognoso come quello che ebbe luogo in Vietnam.
Migliaia di giovani ragazzi vennero spediti a combattere in uno dei territori geograficamente più ostili che la natura abbia mai creato con l'unico scopo di annientare il regime comunista del Vietnam del Nord, tanto scomodo ai governi capitalisti occidentali.
Tutti questi ragazzi, messi contro un nemico disposto a morire per proteggere il proprio paese da questa invasione, diventarono solo vite sacrificabili per portare a termine il piano.
Il regista John Irvin nel 1969 girò un documentario sulla guerra in Vietnam andando direttamente sui luoghi delle battaglie che i soldati stavano affrontando e questa esperienza gli diede l'opportunità di scegliere con grande esattezza il giusto scenario per girare Hamburger Hill, ispirandosi a quella crudezza che la realtà aveva posto davanti ai suoi occhi. Il film fu girato nelle Filippine, in location adatte a creare l'ambientazione infernale in cui vennero scaraventati i soldati dei battaglioni coinvolti nell'assalto, ovvero terreni estremamente fangosi e fitti di vegetazione.
L'estetica del film è coerente con la realtà dei fatti, sia sul piano della narrazione degli eventi che sul piano della rappresentazione visiva.
E' da notare come John Irvin abbia voluto dare risalto all'umanità dei soldati permettendoci di cogliere, attraverso le loro parole, i suoi punti di vista personali.
Innanzitutto la critica nei confronti della politica è evidente, ad esempio nelle scene in cui i ragazzi ricevono le lettere di corrispondenza delle loro donne. Alcune scrivono parole d'amore mentre altre si vergognano di essere fidanzate con soldati che venivano considerati dall'opinione pubblica alla stregua di assassini.
Sul suolo americano, infatti, si tenevano manifestazioni pacifiste e si condivideva l'idea che la guerra del Vietnam fosse una guerra inutile, contro un popolo già di per sè oppresso dalla povertà.
I rapporti stessi tra i soldati sono tesi, vi è l'ombra dell'odio razziale tra bianchi e neri che in patria non è ancora spento, nonostante l'America si proclami uno stato democratico e paritario nei confronti dei suoi cittadini.
Infine vi è una forte critica all'organizzazione stessa della battaglia.
Le truppe aeree USA sbagliarono le coordinate per i bombardamenti e uccisero gli stessi soldati americani sotto al fuoco che avrebbe dovuto colpire i Vietcong, ed è da notare che questo episodio avvenne realmente. John Irvin non risparmia certo sui contenuti, però la regia avrebbe potuto essere più corposa e più coinvolgente invece che di stampo quasi documentaristico.
Nonostante la prima parte del film sia dedicata alla presentazione dei personaggi, non riusciamo ad affezionarci o ad avvicinarci emotivamente a quasi nessuno di essi e quindi assistiamo agli eventi successivi in maniera piuttosto distaccata.
I rapporti stessi tra i soldati sono tesi, vi è l'ombra dell'odio razziale tra bianchi e neri che in patria non è ancora spento, nonostante l'America si proclami uno stato democratico e paritario nei confronti dei suoi cittadini.
Infine vi è una forte critica all'organizzazione stessa della battaglia.
Le truppe aeree USA sbagliarono le coordinate per i bombardamenti e uccisero gli stessi soldati americani sotto al fuoco che avrebbe dovuto colpire i Vietcong, ed è da notare che questo episodio avvenne realmente. John Irvin non risparmia certo sui contenuti, però la regia avrebbe potuto essere più corposa e più coinvolgente invece che di stampo quasi documentaristico.
Nonostante la prima parte del film sia dedicata alla presentazione dei personaggi, non riusciamo ad affezionarci o ad avvicinarci emotivamente a quasi nessuno di essi e quindi assistiamo agli eventi successivi in maniera piuttosto distaccata.
Questa scelta abbassa un pò il tono drammatico del film sul lato recitativo ma lo risalta sul piano visivo.
I corpi cadono mutilati sotto le granate nemiche; la montagna è ancora più crudele della guerra stessa, con la pioggia e il fango scivoloso che la rendono inscalabile; i Vietcong sono agguerriti e inarrestabili e i loro bunker introvabili e intanto, tra un assalto e l'altro, i giornalisti americani si concedono qualche bella intervista ai soldati moralmente e fisicamente distrutti.
In questo caos di morte e disperazione c'è chi si rifiuta di perdere la sua identità. Possiamo percepirlo dalle parole del soldato Languilli, soprannominato scherzosamente dai compagni "Analfabeta", che sul punto di morte ricorda a tutti che il suo nome è Vincent, urlandolo a squarciagola verso il cielo. Questo è sicuramente il momento più drammatico del film e le note della canzone "We Gotta Get Out of This Place" (Letteralmente: "Dobbiamo andarcene da questo posto") del gruppo The Animals chiudono il tragico quadro dipinto dal regista.
Non è il miglior film di guerra realizzato ma la sostanza c'è e in un certo qual modo anche la forma ed è quindi consigliato. "La guerra è sempre una fregatura. Una gran fregatura." dice uno dei soldati... e noi possiamo forse dargli torto?
I corpi cadono mutilati sotto le granate nemiche; la montagna è ancora più crudele della guerra stessa, con la pioggia e il fango scivoloso che la rendono inscalabile; i Vietcong sono agguerriti e inarrestabili e i loro bunker introvabili e intanto, tra un assalto e l'altro, i giornalisti americani si concedono qualche bella intervista ai soldati moralmente e fisicamente distrutti.
In questo caos di morte e disperazione c'è chi si rifiuta di perdere la sua identità. Possiamo percepirlo dalle parole del soldato Languilli, soprannominato scherzosamente dai compagni "Analfabeta", che sul punto di morte ricorda a tutti che il suo nome è Vincent, urlandolo a squarciagola verso il cielo. Questo è sicuramente il momento più drammatico del film e le note della canzone "We Gotta Get Out of This Place" (Letteralmente: "Dobbiamo andarcene da questo posto") del gruppo The Animals chiudono il tragico quadro dipinto dal regista.
Non è il miglior film di guerra realizzato ma la sostanza c'è e in un certo qual modo anche la forma ed è quindi consigliato. "La guerra è sempre una fregatura. Una gran fregatura." dice uno dei soldati... e noi possiamo forse dargli torto?
Curiosità:
- Per chi fosse interessato esiste un sito (in lingua inglese) che analizza l'evento storico paragonandolo con le sequenze del film.
Di seguito il link: http://www.historyinfilm.com/hamhill/real.htm.
Di seguito il link: http://www.historyinfilm.com/hamhill/real.htm.
- Lo sceneggiatore James Carabatsos partecipò alla guerra del Vietnam.
VOTO: 6/10
VOTO: 6/10