Titolo Originale: 88 Minutes
Regia: Jon Avnet
Cast: Al Pacino, Neal McDonough
Genere: Thriller
“Quando lo catturarono lui rise e disse che gli ci vollero 88 minuti… 88 minuti per fare a pezzi mia sorella.” – Jack Gramm
Jack Gramm è un insegnante di criminologia che in passato collaborò con l’FBI nella cattura di Jon Forster, un assassino seriale che torturava giovani donne per poi squartarle. Dieci anni dopo Forster sta per essere condannato a morte ma i delitti ricominciano con lo stesso modus operandi. Gramm è costretto a indagare perchè in ballo c’è anche la sua vita, un nuovo assassino gli ha intimato che avrà solo 88 minuti di vita prima di diventare la prossima vittima.
Il thriller che il regista Jon Avnet ci propone rientra negli stili più classici del genere: il maniaco pluriomicida tanto in voga negli anni ottanta e novanta minaccia un susseguirsi di vittime, il tutto condito da un conto alla rovescia per mettere in scacco la polizia e il protagonista di turno.
Al Pacino accetta la parte ma per ogni attore del suo calibro non è facile trovare altrettanti sceneggiatori o registi che siano all’altezza.
Il budget stanziato è alto ma non è sfruttato al meglio.
Il film parte con ritmo abbastanza deciso, dopo pochi minuti siamo già nel pieno della vicenda, Gramm viene minacciato di morte, inizia il countdown e assieme ad esso nuovi omicidi. Potremmo ancora aspettarci grandi cose ma ecco che la sceneggiatura incomincia a proporci battute improbabili inserite in situazioni piuttosto inverosimili. Nemmeno a metà del film ogni speranza è persa.
I personaggi sono creati apposta per assecondare un clichè più che prevedibile, spunta il fidanzato geloso che sembra essere il maniaco, la collega di lavoro finisce per essere la sospettata numero uno, la segretaria che aveva accesso a informazioni segrete potrebbe averle passate all’assassino di nascosto e così via finchè non si finisce per sospettare di tutti. Questa sarebbe la strategia narrativa ma nessuno è al suo posto, nè come personaggio nè come attore in relazione alla propria parte.
Al Pacino accetta la parte ma per ogni attore del suo calibro non è facile trovare altrettanti sceneggiatori o registi che siano all’altezza.
Il budget stanziato è alto ma non è sfruttato al meglio.
Il film parte con ritmo abbastanza deciso, dopo pochi minuti siamo già nel pieno della vicenda, Gramm viene minacciato di morte, inizia il countdown e assieme ad esso nuovi omicidi. Potremmo ancora aspettarci grandi cose ma ecco che la sceneggiatura incomincia a proporci battute improbabili inserite in situazioni piuttosto inverosimili. Nemmeno a metà del film ogni speranza è persa.
I personaggi sono creati apposta per assecondare un clichè più che prevedibile, spunta il fidanzato geloso che sembra essere il maniaco, la collega di lavoro finisce per essere la sospettata numero uno, la segretaria che aveva accesso a informazioni segrete potrebbe averle passate all’assassino di nascosto e così via finchè non si finisce per sospettare di tutti. Questa sarebbe la strategia narrativa ma nessuno è al suo posto, nè come personaggio nè come attore in relazione alla propria parte.
Al Pacino fa di tutto per interpretare un semplice insegnante universitario, un uomo di tutti i giorni senza grandi doti da eroe e ci riuscirebbe piuttosto bene se non fosse che il personaggio stesso è di troppo poco spessore e finisce per soffocare la sua interpretazione.
Gli attori che si muovono attorno a lui sono ancor più mediocri.
Senza un passato o un motivo ben preciso che li spinga a fare quello che fanno tutti i personaggi della trama ottengono il solo scopo di appiattire l’emotività del film e in certi momenti ci viene da sorridere di fronte a scene già viste e riviste così tante volte in altre pellicole che è assurdo riproporle ai giorni nostri.
Nessun personaggio è adeguatamente approfondito caratterialmente e si ha la sensazione di avere davanti dei manichini posti nell’inquadratura solo per poter svolgere le trame narrative, come li si utilizzerebbe nella vetrina di un negozio per esporre le merci. Non si arriva mai al climax della tensione perchè non vi è abbastanza tensione per arrivarci. Jon Avnet ha uno stile di regia piuttosto lineare con poche inquadrature di spicco e soprattutto poco conformi all’azione che in un thriller poliziesco normalmente ci si aspetterebbe.
Sarebbe più idoneo a dirigere pellicole a sfondo psicologico ma non è questo il caso, fortunatamente l’anno seguente girerà un altro thriller, Sfida Senza Regole, che gli riuscirà decisamente meglio sotto tutti i fronti.
Gli attori che si muovono attorno a lui sono ancor più mediocri.
Senza un passato o un motivo ben preciso che li spinga a fare quello che fanno tutti i personaggi della trama ottengono il solo scopo di appiattire l’emotività del film e in certi momenti ci viene da sorridere di fronte a scene già viste e riviste così tante volte in altre pellicole che è assurdo riproporle ai giorni nostri.
Nessun personaggio è adeguatamente approfondito caratterialmente e si ha la sensazione di avere davanti dei manichini posti nell’inquadratura solo per poter svolgere le trame narrative, come li si utilizzerebbe nella vetrina di un negozio per esporre le merci. Non si arriva mai al climax della tensione perchè non vi è abbastanza tensione per arrivarci. Jon Avnet ha uno stile di regia piuttosto lineare con poche inquadrature di spicco e soprattutto poco conformi all’azione che in un thriller poliziesco normalmente ci si aspetterebbe.
Sarebbe più idoneo a dirigere pellicole a sfondo psicologico ma non è questo il caso, fortunatamente l’anno seguente girerà un altro thriller, Sfida Senza Regole, che gli riuscirà decisamente meglio sotto tutti i fronti.
Il reparto artistico che fa da contorno, dai costumisti agli scenografi, è tecnicamente preparato ma il lavoro svolto rimane conforme alla mediocrità generale.
Concludendo 88 Minuti è un film da vedere se si è fan di Al Pacino e non si vuole perdere nemmeno una sua interpretazione ma è anche un buon film per passare una serata spensierata e mentalmente poco impegnativa.
Caldamente sconsigliato a chi cerca emozioni forti o thriller d’autore.
Concludendo 88 Minuti è un film da vedere se si è fan di Al Pacino e non si vuole perdere nemmeno una sua interpretazione ma è anche un buon film per passare una serata spensierata e mentalmente poco impegnativa.
Caldamente sconsigliato a chi cerca emozioni forti o thriller d’autore.
Curiosità:
- In Italia il film è uscito subito per il mercato dell’Home Video saltando la distribuzione nele sale cinematografiche.
- Da quando Jack Gramm riceve la telefonata che gli preannuncia 88 minuti di vita restanti fino al momento in cui scopriamo l’identità dell’assassino, passano realmente 88 minuti di film.
VOTO: 4/10