giovedì 10 giugno 2010

The Libertine (2004)

Titolo Originale: The Libertine (Letteralmente: Il Libertino)

Regia: Laurence Dunmore

Cast: Johnny Depp, John Malkovich, Samanta Morton

Genere: Drammatico – Storico





“Traete le conclusioni alla distanza a cui vi terreste se stessi per mettere la lingua sotto le vostre sottane.” – John Wilmot

Al conte di Rochester, John Wilmot, viene dato il compito di stilare una sceneggiatura per un’opera teatrale a cui avrebbe di lì a poco assistito il re di Francia. Invece di elogiare l’ Inghilterra, Wilmot la dipinge come una sorta di girone infernale colmo di anime votate a piaceri fisici e a depravazioni di ogni genere, atteggiamenti tipici del pensiero libertino in voga ai tempi. La rappresentazione scatena l’indignazione del re Carlo II che difficilmente perdonerà l’oltraggio subìto. Lavorando nel teatro il conte conosce una giovane e promettente attrice, Lizy Berry e decide di aiutarla a crescere professionalmente poichè vede in lei grandi doti e inoltre ne è segretamente innamorato. Dopo diversi anni, quando scopre di essere malato di sifilide e ricercato dal re, Wilmot è costretto a fuggire. Viene ritrovato dopo alcuni mesi e portato al cospetto di Carlo II che dovrà prendere una decisione in merito alla sua sorte.

Questo film rappresenta davvero qualcosa di particolare poichè è l’opera prima e unica di Laurence Dunmore e dello sceneggiatore Stephen Jeffreys a cui vanno riconosciuti diversi meriti.
Innanzitutto lo script è vivace e articolato e a tratti sconfina nella commedia pur essendo un dramma di un certo spessore politico. Veniamo accompagnati nel viaggio attraverso la vita di John Wilmot con garbo per essere poi travolti assieme a lui dal tormento di un destino avverso che egli stesso si è creato.
Il vero dramma del conte non risiede nel suo atteggiamento libertino, che egli stesso finisce per odiare, ma nel terrore di una vita piatta e monotona. Il suo desiderio di sentirsi vivo lo porta ad ammettere con sè stesso che l’unico motivo di gioia per lui è il teatro, l’unico luogo in cui le emozioni devono fluire al massimo della loro energia per incantare il pubblico. La donna di cui si innamorerà sarà infatti una promettente attrice che diverrà per lui una sorta di oasi spirituale in mezzo all’arido deserto di un’ Inghilterra avvolta ormai nel peccato.  

Wilmot non teme di esprimere i propri pensieri con coraggio, ma come in ogni realtà ormai corrotta troverà solo persone che non vogliono ascoltare e che finiranno per condannarlo pur di non ammettere le sue scomode verità.
Nonostante egli stesso sia il maggior esponente del libertinismo, dentro di sè cova odio per le istituzioni che hanno permesso un tale scempio spirituale.
E’ come se volesse dirci che lo Stato, non importa se monarchico o democratico o altro, ha comunque il sacro dovere di prendersi cura del suo popolo e trattarlo come fosse un figlio, istruendolo e facendolo crescere sia spiritualmente sia culturalmente, altrimenti l’ inferno spalancherà le sue porte e ci trasformerà in demoni. La malattia che affligge il conte è infatti la metafora di un demone interiore che cresce e tramuta il corpo in qualcosa di quasi satanico a vedersi, ma che in realtà è solo l’esteriorizzazione di una drammatica mutazione interiore, di un pozzo senza fine che ha trascinato l’anima di Wilmot nell’oblio.

Come molte anime perse e in preda alla disperazione, anche lui cercherà l’ultimo rifugio nella conversione religiosa, non tanto per salvarsi dalla dannazione che egli non teme quanto per un desiderio di espiazione che lo invade troppo tardi, generato dal pentimento di non aver dato valore a nulla nella sua vita.
Il regista sceglie di “anticare” la pellicola girando gran parte delle scene con le sole luci delle candele che si usavano al tempo e l’effetto è veramente caldo e avvolgente.
Gli attori non sono al meglio della loro forma ma sanno comunque regalarci un’interpretazione sufficiente a reggere il peso del tema trattato. Da sottolineare la performance non facile di Samantha Morton, che ha dovuto interpretare un’attrice nell’attrice.
Consigliato a chi ama il genere storico, ma anche solo a chi vuole apprezzare un film drammatico sopra la media.

Curiosità:

- Il film si basa sulla sceneggiaura di Stephen Jeffreys che era già stata portata a teatro in una rappresentazione in cui John Wilmot era interpretato da John Malkovich.

- La scena in cui Johnny Depp e Rupert Friend si baciano è stata eliminata.

- Nella realtà il vero conte John Wilmot non fu esiliato dal re a causa della sua rappresentazione teatrale oltraggiosa intitolata “A Satyr on Charles II“, bensì si autoesiliò.

VOTO: 7/10