Titolo Originale: Martyrs (Letteralmente: Martiri)
Regia: Pascal Laugier
Cast: Moriana Alaoui, Milène Jampanoi, Isabelle Chasse
Genere: Horror
Sottogenere: Torture Porn
Sottogenere: Torture Porn
“E’ facile creare una vittima. Il mondo come lo conosciamo è pieno di vittime. I martiri sono eccezionalmente rari.”- Mademoiselle
Anna e Lucie sono due ragazze che hanno subìto un trauma da bambine. Lucie è in cerca di vendetta nei confronti di coloro che l’hanno rapita e hanno usato violenza su di lei, Anna la comprende perchè anche lei ha vissuto una storia di abusi sessuali. Giunte nei pressi di una casa isolata, Lucie entra furiosa e uccide la famiglia che vi abita e che lei ritiene responsabile di quanto le è accaduto, ma questo non serve a cancellare dalla sua mente le visioni di una donna mostruosa che la perseguita. In quella casa Anna scova un passaggio che porta a uno scantinato, utilizzato dall’organizzazione di rapitori per nascondere giovani donne e fare esperimenti su di loro. Fuggire non sarà facile…
Ho aperto questo blog perchè sono un appassionato di cinema ed un collezionista di film. Di pellicole ne ho viste circa 6000 ma poche, davvero poche mi hanno disturbato come Martyrs.
All’inizio la storia di Lucie e delle sue visioni è l’elemento portante della trama, la donna-mostro è sicuramente appartenente a un mondo illusorio da cui Lucie, però, resta sempre ferita realmente.
Ci viene il dubbio, per non dire la speranza, che Laugier abbia intrapreso la via di un film gore-spettrale come pretesto per approfondire psicologicamente il personaggio, soffriamo con lei e anche noi vorremmo aiutarla ma il demone è nella sua testa e solo lei può sconfiggerlo. Abusi e violenze passate che un minore non dimentica e che segnano la sua mente e il suo cuore per il resto della sua vita, immergendolo in un dolore mille volte più grande di lui.
Pregevole intento, quello del regista, di rappresentare visivamente i demoni della mente attraverso il tema estremamente delicato dell’autolesionismo (problema reale di molti giovani con una vita difficile) ma proprio quando vogliamo analizzarlo sotto questo aspetto il film prende una svolta e l’attenzione si rivolge ad Anna.
All’inizio la storia di Lucie e delle sue visioni è l’elemento portante della trama, la donna-mostro è sicuramente appartenente a un mondo illusorio da cui Lucie, però, resta sempre ferita realmente.
Ci viene il dubbio, per non dire la speranza, che Laugier abbia intrapreso la via di un film gore-spettrale come pretesto per approfondire psicologicamente il personaggio, soffriamo con lei e anche noi vorremmo aiutarla ma il demone è nella sua testa e solo lei può sconfiggerlo. Abusi e violenze passate che un minore non dimentica e che segnano la sua mente e il suo cuore per il resto della sua vita, immergendolo in un dolore mille volte più grande di lui.
Pregevole intento, quello del regista, di rappresentare visivamente i demoni della mente attraverso il tema estremamente delicato dell’autolesionismo (problema reale di molti giovani con una vita difficile) ma proprio quando vogliamo analizzarlo sotto questo aspetto il film prende una svolta e l’attenzione si rivolge ad Anna.
Restiamo confusi, decisamente delusi, ma non possiamo smettere di guardare. Intrappolata nel covo dei rapitori è costretta a sopportare tutto quello che fecero a Lucie.
Giunti alla fine ci pentiremo di non aver chiuso gli occhi, perchè il destino di Anna è ancora peggiore di quello dell’amica.
Per tutto il film la palette di colori è gelida, avvertiamo sempre una sensazione di freddo. Il freddo della morte che lentamente penetra in Anna riesce a varcare i confini dello schermo ed entrare in noi, ponendo il seme di una pena che crescerà fino a nausearci. Già da bambine Anna e Lucie erano schiave e ancora lo sono da grandi, schiave dell’odio e del tormento. Nessuna delle due può combattere contro un sistema studiato per non lasciare scampo, neppure per chi riesce a fuggire da esso. Soffrire e ancora soffrire, fino a morire o accettare la sofferenza come stato immutabile della vita. E dopo? Cosa ci aspetta dopo, felicità o oblìo?
Giunti alla fine ci pentiremo di non aver chiuso gli occhi, perchè il destino di Anna è ancora peggiore di quello dell’amica.
Per tutto il film la palette di colori è gelida, avvertiamo sempre una sensazione di freddo. Il freddo della morte che lentamente penetra in Anna riesce a varcare i confini dello schermo ed entrare in noi, ponendo il seme di una pena che crescerà fino a nausearci. Già da bambine Anna e Lucie erano schiave e ancora lo sono da grandi, schiave dell’odio e del tormento. Nessuna delle due può combattere contro un sistema studiato per non lasciare scampo, neppure per chi riesce a fuggire da esso. Soffrire e ancora soffrire, fino a morire o accettare la sofferenza come stato immutabile della vita. E dopo? Cosa ci aspetta dopo, felicità o oblìo?
Viene quasi da chiedersi se il fine ultimo di Laugier non fosse stato quello di fare delle due ragazze dei simboli dell’uomo moderno, circondato da milioni di mondi e realtà che in egual modo lo rendono schiavo, tema trattato in molte pellicole a partire da Metropolis fino a Fight Club.
Alcune cadute di stile ci sono: la violenza sembra studiata con l’intento di disturbare a tutti i costi lo spettatore e le vittime sono sempre delle belle e giovani donne, ormai simbolo stereotipato, soprattutto nel genere horror, della creatura indifesa e vulnerabile. Non si capisce poi perchè Lucie, dopo essere riuscita a fuggire, invece di far arrestare i torturatori dalla polizia decide di ucciderli con le sue mani diversi anni dopo e per di più aiutata solo da un’amica.
Il finale è scontato perchè la pretesa di partenza è troppo grande: sapere cosa c’è dopo la morte. Sarebbe stato più saggio incentrare il tema sulla difficoltà di vincere le proprie paure e tutto avrebbe avuto un risvolto più apprezzabile, lasciandoci meno un senso di amaro in bocca.
In conclusione la prima metà del film promette davvero grandi cose, il resto subisce un grave calo di stile. Consigliato solo a stomaci forti perchè, tra gli alti e i bassi, di violenza se ne vede tanta.
Alcune cadute di stile ci sono: la violenza sembra studiata con l’intento di disturbare a tutti i costi lo spettatore e le vittime sono sempre delle belle e giovani donne, ormai simbolo stereotipato, soprattutto nel genere horror, della creatura indifesa e vulnerabile. Non si capisce poi perchè Lucie, dopo essere riuscita a fuggire, invece di far arrestare i torturatori dalla polizia decide di ucciderli con le sue mani diversi anni dopo e per di più aiutata solo da un’amica.
Il finale è scontato perchè la pretesa di partenza è troppo grande: sapere cosa c’è dopo la morte. Sarebbe stato più saggio incentrare il tema sulla difficoltà di vincere le proprie paure e tutto avrebbe avuto un risvolto più apprezzabile, lasciandoci meno un senso di amaro in bocca.
In conclusione la prima metà del film promette davvero grandi cose, il resto subisce un grave calo di stile. Consigliato solo a stomaci forti perchè, tra gli alti e i bassi, di violenza se ne vede tanta.
Curiosità:
- Nel precedente film di Pascal Laugier, Saint Ange, il personaggio principale è una ragazza di nome Anna Jurin. In Martyrs Anna è il nome di una delle due ragazze mentre l’altra si chiama Lucie Jurin.
VOTO: 7/10